Friday, January 05, 2007

La vata della posta era una signora di una famiglia distinta, ma povera. Per interessamento del comune le avevano trovato un lavoro alle Poste. Dopo un mese, non si faceva più chiamare vata, ma ada. In paese era l’unica ad avere una borsetta.. sempre la stessa, si ricorda mia madre, ma pur sempre borsetta (di vimini, mi pare di capire).

Una volta, racconta mia nonna, quando qualcuno compiva 40 anni il figlio doveva buttarlo a mare. Un tizio compie 40 anni e il figlio lo porta in riva al mare. Arrivati lì, il padre dice al figlio che toccherà anche a lui la stessa sorte; allora il figlio lo riporta a casa e lo nasconde “ncià nu cistizzu”. Quando il figlio va in piazza, racconta un sacco di storie vecchie, e tutti si stupiscono per la sua conoscenza del passato. Poi dei signori vanno a casa sua, e trovano il padre nel cistizzu, e capiscono.
(questo sembra uno dei miei aneddoti… finisce così, e la nonna per mettergli una conclusione ripete che quelli non sapendo si meravigliavano di quante cose sapesse il figlio)

Nessuno aveva delle scarpe, in paese, ma il mio bisnonno aveva prestato dei soldi, così ogni anno, con gli interessi riscossi su quella somma, mia nonna poteva avere il suo paio di scarpe.
(Questa me l’ha raccontata mia madre, suggerendomi di chiedere alla nonna di raccontarmi il fatto.. il cervello della nonna però oggi “era girato da un’altra parte”, e non riusciva a ricordare. Poi ha ricordato una storia di scarpe, e non ho avuto cuore di dirle che non era la stessa: un mio zio (caro, e purtroppo già rimpianto…) aggiustava scarpe. In giardino ne teneva un bel mucchio, portategli da varie persone. Mia madre se le metteva in casa, per giocare con scarpe troppo grandi per lei e con tanti tipi di tacchi, e mio zio si incavolava).

Il fratello di un amico di mio papà aveva in gestione la farmacia di castro, negli anni dal 1958 fino a non so più quando. Racconta che le donne andavano in farmacia scalze (mi dicono che a castro fossero molto poveri, all’epoca.. più che nel mio paese).
La moglie di questo signore racconta di essere stata la prima donna laureata nel suo paese. Ai suoi tempi, le signore avevano paura di mandare le figlie nel paese vicino con l’autobus.. e lei è andata a scuola, in quarta e quinta ginnasio, sulla jeep dei militari, perché l’autobus non c’era.

Un giorno mia nonna, mia madre, mia zia e forse altre signore vicine di casa erano in cucina (come ora, è in fondo alla casa, dopo tutte le altre stanze), attorno al camino. Bussano alla porta e loro urlano in modo poco garbato, pensando fosse qualche vicino :”trasi, traaasi” (pensando anche: “stu fessa, ce face, perché nu trase?”. Dopo un po’, loro vanno incontro al visitatore e lui si decide a entrare, si toglie il cappello dicendo “è permesso?”: è il nobile del paese (? Barone? No.. forse conte. Non ricordo più) che cerca mio nonno per qualche lavoro, o forse lo vuole pagare, e loro muoiono dalla vergogna.
(è il mio racconto preferito… mi sembra di vederle, loro 3 attorno al fuoco, un pomeriggio buio d’inverno, e questo signore distinto, alto, che piega la testa per entrare dalla piccola porta, e si trova davanti queste donne improvvisamente intimidite.)

Mia madre raccontava altri aneddoti sulla famiglia del nobile. Le donne della famiglia quando andavano a messa erano ammirate e guardate con soggezione dalle altre ragazze: erano vestite di bianco, e sembravano bellissime, delicate, eteree. E poi un giorno c’era un ricevimento, nel palazzo del nobile, forse un matrimonio. Allora le ragazze del paese spiavano i vestiti e le acconciature degli invitati da una porticina secondaria che ancora oggi dà sul giardino di quella casa.
(Queste e altre storie mi vengono raccontate.. mescolando verità e finzione, ricordi e immaginazione.)

6 comments:

dori said...

cicci, scusami ma ogni tanto ritorno ai vecchi vizi.. travolgerti di parole!

polidora said...

è bellissimo perdersi in queste storie... e fa un po' male pensare ai racconti che ho perso da nonni che non ho vissuto...ed ora pensare che dopodomani sarò in una città dove non c'è traccia delle mie radici, a parte la sola me stessa...

dori said...

sì.. ma se non fossimo via queste cose le apprezzeremmo di meno, non credi? e poi.. bè, forse stiamo costruendo pezzi di storie future, anche se non ne siamo consapevoli.
buon viaggio, cara!

polidora said...

...concordo con te, mia cara...e vado a fare la valigia. Ti abbraccio e spero di vederti presto

dori said...

non basta sperare.. adesso dobbiamo passare all'azione! hihi..
mi è successo di tutto ultimamente.. sono anche partita 2 giorni dopo, ma ora sono di nuovo nella solita vita. e tu?
(ho scoperto una cosa traumatica: esistono ancora le persone che offrono mentos sul treno.. sorridendo, persino!)

polidora said...

davvero? l'uomo delle mentos..!
ma soprattutto: esistono ancora le mentos?
scherzo...rieccomi cicci...più esaurita che mai, credimi