Sunday, June 11, 2006

Ho un nuovo nome, adesso: caterina!
Che buffa la storia dei miei nomi, uno per ogni fase della vita, o per amico trovato. Malia, o mariiiiia, recentemente. Merirose, rosamunda, rosetta, iaia, nonina, meri.. tutti con attaccato un pezzetto di storia. Adesso questo caterina che mi piace un sacco (perché non ci ha pensato mia mamma?!!), e che mi fissa, per qualche giorno almeno, nella memoria di uno che un nome non ricorda mai.. e poi il marocchino che mi chiama maria rossella, e che ieri mi ha spaventata un po’. Questo dori, in ricordo di uno che non se lo meriterebbe poi tanto…. Quale sarà il mio prossimo nome?

Saturday, June 10, 2006

Gita a Roma.

É bello partire così...deciderlo alle 7.45 del mattino, quando l’appuntamento era alle 8 e si era proprio deciso di non andare...Arrivare in ritardo, ma di dieci minuti. Trovare i due compagni di viaggio, in una veste per te inusuale (perché, finora, compagni di viaggio non lo erano mai stati), svegli dalle sette (anche questo, com’è inusuale) e poi, soprattutto, svegli dopo una notte di festa (con il cuore, e non solo, ubriaco di spensieratezza).
Arrivare, salutarsi, ricevere in dono un cartoccio con dentro la colazione; aprire il sacchetto che sa di crema e richiuderlo, rimandando il piacere a più tardi.
Ancora essere tanto indecise, e piene di domande sulla confusa notte precedente. Ma il bello di aver scelto all’improvviso di essere lì, mi difende dal tornare indietro.
Ecco qui, come può cominciare una bella giornata di giugno, alla vigilia dei miei 24 anni, per festeggiare una spensieratezza che spesso manca, per ritrovare il gusto di stare bene, mentre dai finestrini davanti entra una bella aria fresca.
Ho ancora un bernoccolo in testa oggi, risvegliandomi, un atto stupido della giornata: entrando in macchina, rimanere “chiusa”, nella portiera per qualche minuto un dolore niente male.
Non perdona, il traffico e la disorganizzazione segnaletica di Firenze, che ci porta a vagare un po’ prima di trovare la strada giusta. Trovare l’uscita, e poi sopportare tutto il traffico, e pensare che c’è qualcuno che è in quelle scatolette ogni giorno, ad attendere lo scorrimento delle file e il verde dei semafori.
M. comincia uno dei suoi comizi politico-sociologici, sorrido pensando a quanti me ne attendono e ne sono felice. In tutte quelle macchine c’è una sola persona: se si raggruppassero, ci sarebbero 4 volte meno macchine. È così convinto lui, di questo, che sembrerebbe quasi realizzabile, e anche io penso che sarebbe bello.
Finalmente in autostrada, comincia il viaggio, con la musica di sottofondo scelta da due buongustai. G. ogni tanto si gira per controllare se ci sono, come sto (a volte anche dormo), la tenerezza del suo cuore è infinita, chi l’avrebbe detto una volta conosciuto. La musica non sempre mi fa sentire i discorsi che nascono, ma il paesaggio fuori è un cinema all’aperto.
Arriviamo a Roma, Flaminia piena di gente, ma non restiamo per troppo tempo imbottigliati, e anche se lo fossimo, il messaggio nella nostra bottiglia ha fretta di scorrere verso la foce del fiume, perché queste nostre tre vite insieme hanno qualcosa di molto simile al mare.
Arriviamo (ma chissà come), seguendo le indicazioni di un inserzionista dai due nomi (uno sull’inserzione, uno nella vita), ad un’uscita della Flaminia, dove ci aspetta un grande ma strano centro commerciale.
Si scende e si aspetta mentre per me è il tempo del bagno e della colazione messa in attesa. Sono le 11.30 circa.
Arriva M. e uno degli argomenti della giornata sarà la discussione sulla sua presunta bellezza (che io difendo a spada tratta). Ci porta nella sua casa, bellissima, dopo una serie di strade nel verde i cui nomi entusiasmano (Via Canada, Viale Africa, via Kenia...). Ci aspettavamo tutti, forse, qualcosa di diverso, invece troviamo un ragazzo della nostra età, con una innegabile passione per la musica, con un contrabbasso che troneggia, che traccia i confini del suo regno.
Bene, compiuto l’acquisto, a cuor leggero e macchina pesante, ci avventuriamo a Roma.
Tutto scorre tranquillo, come è facile non perdersi, e scoprire una città così...giusto andando avanti.
Sembriamo tre bambini, quando davanti viene loro messo un giocattolo colorato che suona.
Senza immaginarcelo, ci troviamo davanti Castel San. Angelo.
Senza fatica troviamo parcheggio, senza fatica ci ritroviamo in via della Conciliazione.
Quanto rischio di scrivere ricordando il più...
Si mangia nei dintorni, si entra nella Basilica di San Pietro.
Io sono in fila per entrare, guardo M. e G. e penso e dico: che situazione surreale! Mai avrei immaginato di essere in Vaticano proprio con loro, loro che sulla Chiesa non si sono risparmiati insulti e critiche (non che a volte...), è strano, ma mi fa tanto venire voglia di ridere. E sento anche il cuore che batte e l’emozione di G. che in questo posto non c’era mai stato.
Dopo la Basilica, si sale sulla cupola, che tanto mi fa pensare alla “Dolce vita” (in questa giornata romana, piena di luoghi morettiani), io temo lo spropositato numero dei gradini, che G. concentratissimo conta. Ogni tanto i due si voltano:- ci sei ancora? Se vuoi ci fermiamo? Dai, manca poco.
Mi sento così protetta, è una bella sensazione, anche se, magari, non ha alcuna base.
Vedere la Basilica da sopra, proprio mentre cominciava la messa, e sentirne l’emozione e la vertigine, aggrappati a una rete che impedisce la caduta: ne valeva la pena, ora lo so.
Arriviamo sulla cupola, M. perde la testa per una francese dai capelli rossi, io perdo la testa per la bellezza di ciò che mi si presenta davanti e per la gioia di non essermi fermata giù, lasciando andare solo loro due.
Si è fatta ora di tornare a casa. Troviamo la macchina, non troviamo multe. Tutto bene.
Partiamo per un ultimo giro panoramico, sorprendentemente riuscito.
Poi via, verso casa. Io dormo tanto, anche se ad un certo punto mi sveglio, perché è un trasalire sentendo “Wish You Were Here” e, se non avessi smesso di sognare, o se mi interessasse ancora tanto, potrei dire che i nostri occhi (i miei e di M.) dallo specchietto si cercavano e si tenevano l’uno sull’altro. A parte questo, un momento magico...che bella canzone.
Arriviamo a Montepulciano (ca.) terra di G. che ci ospita per la cena in una casa bella e colorata. Ho fame, cosa strana, e non solo fame di cibo, è una fame di vita che non sentivo da tempo, che sto riscoprendo giorno dopo giorno.
Io e M. salutiamo e ripartiamo verso Firenze, si parla, per rimanere svegli, perché finiamo per discutere sempre, pur pensandola sempre allo stesso modo. Ciò che cambia tra noi due sono i toni.
Ore 00.00 ca. apro la porta di casa, stanca e, ancora, affamata. Mi aspetta una lettera del ragazzo che non sta più con me, una telefonata nervosa, e l’attesa di M., di un suo squillo che mi dica “sono arrivato”, poi si spegne la luce. E così sia. Buonanotte
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Sunday, June 04, 2006

Nonostante il timore di Carlyle che la modernità avrebbe trasformato tutti i rapporti umani in rapporti economici, il vero homo oeconomicus (che mira costantemente a massimizzare la propria utilità in qualsiasi transazione) è ancora una rarità che la maggioranza di noi trova piuttosto disgustosa. Ogni giorno, uomini e donne subordinano il proprio interesse economico egoistico a qualche altra motivazione, che sia la voglia di giocare, di oziare, di accoppiarsi o di mandare tutto a ramengo.
N. Ferguson, Soldi e potere nel Mondo Moderno