In aereo, tornando da Barcellona, guardavo fuori dal finestrino: uno spettacolo bellissimo, il mare, e poi il cielo incredibilmente blu, e, in tutto ciò, le nuvole.
Guardando fuori, perdendomi in fantasticherie, mi ero ritrovata, ancora una volta, incredula osservatrice della bellezza del mondo. Piena di gioia, e di voglia di ringraziare per tutto questo (anche senza sapere chi o che cosa, un ringraziamento, secondo me, in alcuni casi va proprio fatto).
Soprattutto, mi sono stupita di me stessa, mi è sembrato di ritrovare qualcuno perduto da tempo: quella dori (ma allora non si chiamava ancora così) che tornava a casa da scuola, che aveva il naso incollato al finestrino del pulmino, e ascoltava e partecipava alle discussioni solite, con quella gente strana, a volte simpatica, a volte insopportabile, spesso tanto diversa. Anche allora, aprivo gli occhi sul mondo attorno, stupita ammiravo la bellezza del salento in primavera.
Pensavo, ingenua, forse innocente, che il mondo era lì pronto ad attendermi; che preparare una valigia e gettarsi in una grande città non poteva che mettermi in contatto con tante e tante persone in gamba (gente, per intenderci, come polidora, o il mio caro amico di allora, e non solo. Perché ero – e sono tuttora – davvero fortunata: ne avevo di gente in gamba, attorno!). Pensavo che il mondo non aspettasse che me, e tutti noi che stavamo finendo le superiori, pronti a cercare la nostra strada, a disperderci per l’Italia, a far fronte a tutto con il coraggio e l’incoscienza di chi ha 18 (o, in casi sfortunati, 19!) anni. Poi ci ha pensato la vita a farmi cambiare idea, ci hanno pensato Milano, la bocconi, i milanesi, i compagni di università danarosi e fighetti, e non solo. Ho poi capito cosa vuol dire crescere, e – naturalmente, com’è giusto che sia – non ha nulla a che vedere con quello che poteva immaginare quella ragazzetta di liceo. Vuol dire affrontare problemi, imparare a guardare alle cose da differenti punti di vista, rinunciare a (parte) del proprio egoismo, prendersi responsabilità.
Nonostante tutto ciò, conta come mi sento, in questo momento, ora. A volte quasi non ci credo, a volte sembra tutto lineare, quasi banale e scontato nella sua inevitabilità.
È merito suo, del metallaro, se ora rivivo quelle sensazioni, se mi sento come se la vita, in questi anni, non mi avesse scalfito (o lo avesse fatto molto meno, rispetto a quello che è effettivamente stato). È merito suo se ritrovo dori a 19 anni, e gliene sono infinitamente grata.
5 comments:
probabilmente questo post suona un po' troppo ingenuo, un po' scemo e bimbetto. ma anche questa sono io, questo pensavo ieri sera.
Il tuo post suona sincero e spensierato, per nulla scemo e piacevolmente ingenuo
grazie "signor p.", la sincerità è proprio quello che volevo emergesse dal post.. grazie del passaggio,
dori
bello il tuo blog...a tratti mi ci ritrovo. ciao s.
grazie s., ma sempre piacere scoprire che qualcuno passa di qui, ogni tanto, e legge.
saluti
dori
Post a Comment